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sabato 4 luglio 2009

" Ciascuno a suo modo" va bene. Ma quando è troppo, è troppo!

Il Congresso del Pd è vicino.
E la gente comincia a rendere note le proprie psicosi, ovvero le proprie ansie partecipative.
Luogo di discussioni zelanti quanto chiaramente inutili è ORMAI il nostro compagno di vita, FACEBOOK.
E devo ammettere che anche io non ho resistito alla tentazione di commentare il post del professore Di Grado che pubblico qui di seguito:

" IO STO CON FRANCESCHINI.
Io sto con Franceschini.
Persona per bene, Bersani; efficace amministratore, erede d’una tradizione di Realpolitik algida ma oculata, che da Togliatti a Berlinguer e oltre ha governato – e cautamente orientato – le istanze delle classi disagiate e delle élites intellettuali del nostro paese; e ha continuato a farlo con D’Alema, magari con un po’ più di cinismo, forse giustificato dal fatto che l’ex líder maximo e la sua oligarchia ex comunista non avevano più di fronte quelle masse e quelle élites, nel frattempo disgregate e snaturate, e passate al miglior offerente; e allora tanto valeva convertirsi alla politica pura, alle congiure di Palazzo, al Risiko delle reversibili guerriglie partitiche.
Io sto con Franceschini.
Persona per bene anche lui; forse meno stagionato, più genuino, e meno calcolatore, più istintivo, del suo autorevole antagonista. Ma non si tratta di questo; sono altri – e forse decisamente “impolitici” – i motivi della mia scelta. E intanto: Franceschini non ha carisma. Non è un ciurmatore mediatico come Berlusconi né un Robespierre da operetta come Di Pietro. È un uomo come tanti, un uomo comune: qualità, questa, dileggiata nell’Italia della commedia dell’arte ma prediletta nell’Europa dell’understatement, del buon senso, della politica sotto tono, del confronto civile, della moralità non come eroismo ma come normalità.
Franceschini non si atteggia ad ammiccante “papi” né a truce giustiziere, né a manager della politica né a accigliato ideologo, e nemmeno a pragmatico marpione. Ripeto: è un uomo, capace d’incepparsi e arrossire, buono per un paese che aspiri – brechtianamente – a non aver più bisogno di eroi, e per una democrazia che esiga finalmente uomini miti e problematici (com’erano forse, negli anni ’70, personaggi mansueti e accorati, travagliati dal dubbio e dalla responsabilità, come Moro, Berlinguer, papa Montini).
Ma se a modelli e icone dobbiamo fare riferimento, l’attuale segretario del PD fa pensare piuttosto ai fervori del dopoguerra, a politici ispirati e inermi come Parri o Dossetti, e a certi cineasti e scrittori d’allora (perché Franceschini è pure valente scrittore) che con affettuoso pudore ci restituirono l’Italia reale, le memorie e le speranze degli uomini comuni.
E per finire: Franceschini è cristiano ed è fieramente laico. Laico come i veri e sofferti cristiani, non come una vecchia sinistra pronta, proprio perché indifferente alle questioni ultime, ieri a votare l’articolo 7 e oggi a omaggiare la monarchia papalina. E questo per me, dubbioso credente e laico tenace, interessato più ai diritti umani che alle alchimie politiche, vale molto. Moltissimo."

Antonio Di Grado è molto chiaro. E questo è indubbiamente un "esercizio di stile" nobile.
Solo che non siamo all' università. E soprattutto non m' interessa che Franceschini scriva bene o meno.
Per concludere, penso che se io fossi una che conta, in questa società piena di intellettuali liberi, consiglierei loro di continuare a occuparsi di letteratura, " che è meglio", come direbbe un puffo famoso!


PS: Di Grado è un professore brillante, ovviamente.

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Laureata in Lettere presso l' Università di Catania e diplomata alla Scuola d'Arte drammatica " U. Spadaro" del Teatro Stabile di Catania.